Un nuovo approccio per prevedere le frane in modo più tempestivo ed efficace

Le frane rappresentano una seria minaccia per chi vive nei territori più a rischio. Solo in Italia, secondo gli ultimi dati Ispra, sono 8 milioni le persone che risiedono in zone ad alta e media pericolosità e, a livello globale, l’ampiezza delle aree da monitorare rende estremamente difficile la sfida di intercettare in tempo i primi segnali di allarme in modo da poter evacuare la popolazione.
I dati satellitari sono una risorsa fondamentale per il monitoraggio ma finora non era stato possibile sfruttare in pieno il loro contributo, proprio perché era estremamente difficile estrarre velocemente i dati e le informazioni che riguardano la posizione specifica, spesso molto piccola rispetto all’area indagata, in cui si verifica un evento franoso.
Uno studio condotto da un team di ricerca internazionale a cui ha partecipato anche il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova ha realizzato un nuovo sistema che permette di ottimizzare l’uso dei dati satellitari, attraverso un modello costruito grazie alle tecnologie di machine learning che riesce a individuare con precisione le aree che di lì a poco saranno interessate da una frana.
Lo studio si è concentrato sul tragico evento che nel 2017 ha colpito il villaggio di Xinmo, nel sud-ovest della Cina, quando una colata di fango e rocce si è mossa dalla montagna e ha investito le abitazioni sottostanti, provocando la morte di decine di persone. E parallelamente i ricercatori hanno indagato anche le frane che nel 2015 e nel 2016 hanno colpito le parti sommitali dell’isola di Stromboli in Sicilia.
I risultati hanno consentito di dimostrare che questi due eventi, in aree geografiche così distanti tra loro, avrebbero potuto essere previsti in anticipo: potenzialmente, il nuovo approccio potrà essere utilizzato in tutto il mondo e potrà così contribuire ad alleggerire l’impatto delle catastrofi ambientali, soprattutto in termini di vite umane.
“Grazie a questa ricerca abbiamo fatto un passo in avanti, per quanto non ancora conclusivo, verso la possibilità di prevedere con anticipo il crollo o il collasso improvviso di questi ammassi, tramite dati da satellite”, ha commentato il professor Filippo Catani del dipartimento di Geoscienze e tra gli autori dello studio.
“I satelliti acquisiscono migliaia e migliaia di immagini radar nell'arco di breve tempo: ogni immagine viene scomposta in milioni e milioni di punti, ognuno dei quali ha un diverso pattern di spostamento e quindi era difficilissimo indagarli manualmente uno per uno”, continua Catani spiegando che grazie al nuovo metodo sarà possibile setacciare questi dati in modo più efficiente alla ricerca delle anomalie di spostamento.
“Questa applicazione può avere validità in luoghi molto diversi della Terra quindi riteniamo di aver raggiunto un risultato che sarà un mattone molto importante nei passaggi successivi. Siamo già al lavoro per perfezionare ulteriormente queste tecnologie per riuscire a dare un anticipo ancora maggiore e per eliminare le incertezze rimaste”, conclude Catani ricordando inoltre che i cambiamenti climatici renderanno queste catastrofi ambientali sempre più ricorrenti.