Le fasi iniziali del terremoto dell’Aquila indagate in uno studio pubblicato su GRL
Attualmente non è possibile predire un terremoto indicando il momento in cui avverrà, il luogo e la magnitudo che lo caratterizzerà. Le mappe della classificazione sismica dei diversi territori sono fondamentali per diminuire il rischio sismico, e quindi i danni che un terremoto può produrre, ma non possono offrire previsioni deterministiche necessarie per diramare allerte alla popolazione.
Tuttavia, il rilevamento dei terremoti potrebbe essere migliorato studiando la fisica complessa che governa la nucleazione dei terremoti, una questione chiave nella scienza della Terra.
MONIFAULTS, un progetto finanziato con un Erc Starting Grant, mira a esplorare la fisica delle faglie attraverso dati geofisici e rilevare segnali sismologici "anomali" che possono far luce su come inizia un terremoto.
Il progetto è focalizzato sull'Italia, dove il rischio sismico è elevato, e per questo motivo la ricerca e le misure pertinenti sono una priorità. In questo quadro il Dott. Piero Poli, ricercatore del Dipartimento di Geoscienzedell'Università di Padova e Leoncio Cabrera dell'Università di Grenoble, in Francia, hanno recentemente pubblicato uno studio, sulla rivista Geophysical Research Letters, sull'inizio della rottura del terremoto dell’Aquila avvenuto nell’aprile del 2009.
“Guardando i dati dei sismogrammi abbiamo notato che c'era un segnale di ampiezza molto piccolo che è in qualche modo anomalo. Abbiamo iniziato a indagare nel dettaglio il segnale e abbiamo fatto delle elaborazioni per cercare di capire come si stava comportando questa prima parte della rottura”, introduce Piero Poli.
Dalla caratterizzazione geometrica e dai parametri di rottura di questa fase iniziale, gli autori dello studio hanno dedotto che la rottura all’inizio è stata contraddistinta da una velocità lenta e da una bassa efficienza sismica, a causa di un ambiente complesso nella regione in cui la rottura stessa è iniziata.
“E’ un grande esempio della complessità di un terremoto che è cominciato con un processo piccolo che ha faticato ad imporsi e ha consumato grandi quantità di energia prima di diventare un terremoto devastante”, spiega Poli.
"La nostra caratterizzazione completa dell'inizio della rottura, compresa la geometria, la velocità di rottura e alcuni altri parametri di rottura, rivela nuove importanti intuizioni sull'inizio del terremoto e aiuta a colmare il divario tra esperimenti di laboratorio, modellazione numerica, studi teorici e osservazioni di faglie in natura", scrivono Poli e Cabrera a conclusione del loro studio, aggiungendo che “l'inizio della rottura è avvenuta in un ambiente complesso, dove fattori come la presenza di fluidi, una reologia mista e l'effettiva superficie di contatto giocano un ruolo chiave”.