Come si viveva nell'Età del Bronzo? A Povegliano Veronese si è conclusa la prima tappa del progetto GEODAP
Studiare in modo nuovo gli aspetti sociali, economici e ambientali dell'età del Bronzo. E' l'obiettivo del progetto GEODAP - GEOarchaeology of DAily Practices: extracting Bronze Age lifeways from the domestic stratigraphic record, diretto dal Cristiano Nicosia, professore ordinario del Dipartimento di Geoscienze, a cui nel 2021 è stato un prestigioso Consolidator Grant dallo European Research Council (ERC).
Il progetto si articola su diversi siti archeologici di sei Paesi europei ed è entrato nella sua fase operativa con la prima campagna di scavi che si è conclusa pochi giorni fa a Povegliano Veronese nei pressi di un sito, denominato La Muraiola, in cui nel corso degli anni '80 furono scavate alcune strutture abitative dell'età del Bronzo medio (risalenti al secondo millennio avanti Cristo) molto ben conservate.
L'innovativo approccio interdisciplinare del progetto Geodap integra la geoarcheologia (analisi microstratigrafica), la chimica organica (biomarcatori) e l'archeo-botanica (fitoliti, semi, frutti e carbone) per ricostruire con una precisione senza precedenti le pratiche quotidiane registrate negli strati delle strutture abitative dell’età del Bronzo, considerando anche che oggi i ricercatori possono contare su strumentazioni e tecniche analitiche che qualche decennio fa non erano ancora esistenti.
L’età del Bronzo è stato un momento chiave per il progresso umano e per l’evoluzione delle strutture sociali: con questo progetto sarà possibile arrivare a conoscere meglio le abitudini, il tipo di alimentazione, le abitazioni e le attività produttive di chi ha vissuto tra 1.550 e 1.350 anni avanti Cristo.
Ci raccontano di più Cristiano Nicosia, professore ordinario del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova e principal investigator del progetto Geodap, e la ricercatrice Marta Dal Corso che si occupa nello specifico delle analisi archeo-botaniche.
“Abbiamo individuato dei grossi scarichi di cenere, quindi dei livelli di abitato composti da strati molto sottili e discontinui, talvolta anche difficili talora da seguire. Li stiamo rimuovendo con grande cura e questo porta alla luce delle strutture, come piani di calpestio e focolari che sono relativi a questo abitato dell'età del Bronzo. Ovviamente procediamo a estrarre la grossissima partita di ceramica che viene da ciascuno strato e che verrà studiata, disegnata e interpretata. Troviamo ossi che ci danno un’idea della dieta e che verranno determinati dal punto di vista faunistico e archeo-zoologico, troviamo qualche oggetto in metallo e anche oggetti in ambra che ci parlano di rapporti commerciali anche molto distanti di questi siti con, per esempio, l'area a nord delle Alpi. E raccogliamo anche campioni di terreno sia per analisi micro-morfologiche, quindi per analisi in sezione sottile degli strati di terreno che costituiscono in questo sito, sia per analisi paleobotaniche”, entra nel dettaglio il professor Cristiano Nicosia.
Del team del progetto GEODAP fa parte anche Marta Dal Corso, assegnista di ricerca del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, che si occupa proprio di analisi paleobotaniche. “In questo sito i resti vegetali si presentano in varie forme e da quelli combusti abbiamo informazioni sia sul carbone, quindi sulla legna e sugli alberi che crescevano e che venivano utilizzati dagli abitanti. Abbiamo anche informazioni su alcuni resti di cibo e quindi piante coltivate o raccolte che venivano poi a contatto col fuoco o in incendi casuali oppure nei processi di lavorazione”, spiega Marta Dal Corso aggiungendo che le informazioni ricavate dai macro resti vegetali verranno poi confrontate anche con quelle che si ottengono in laboratorio dallo studio di campioni molto più piccoli, come i microfossili.